Calciatore 2.0: il giocatore-azienda (Parte IV)

Javier Aranda Prieto

Leggi la Parte III

Alla base del consolidamento del giocatore-azienda c’è un cambio tecnologico: la massificazione della televisione (anni ’50/’70) ai tempi in cui Pelè era il calciatore più rappresentativo. Il giocatore non era più una leggenda per l’ascoltatore o il lettore (che lo conoscevano grazie all’intermediazione di una terza persona: il giornalista sportivo), bensì potevano vederlo con i propri occhi. Questo ha portato all’impoverimento del lessico dei giornalisti sportivi che non sono più un mezzo di comunicazione, ma solo di opinione.

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Euro 1988: Il volo del cigno di Utrecht

Antonio Moschella (@ntomc)

Spesso una grande manifestazione calcistica di breve tempo viene immortalata da un’istantanea, un momento preciso che passerà agli annali come la foto del torneo in questione. Se i Mondiali dell’86 furono fotografati dalla ‘Mano de Dios’ e dalla serpentina di Maradona contro l‘Inghilterra, gli Europei del 1988, che ebbero luogo nell’allora Germania Ovest, saranno ricordati per il gesto atletico di Marco Van Basten nella finale contro l’URSS.

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Il bivio del Pocho Lavezzi

Antonio Moschella (@ntomc)

Tutto ebbe inizio, o meglio fine, da quella notte fredda ed algida di Londra. Quando il Napoli, in quell’occasione di grigio scuro, perse il suo colore, quell’azzurro tra cielo e mare, sfumatura unica al mondo. Il Chelsea diede una lezione di vita e di calcio agli uomini di Mazzarri, tesi fin dall’inizio e inermi di fronte all’esperienza dei vari Drogba, Lampard e Terry. Tutto lo sconforto di una squadra e una tifoseria intera nell’espressione rassegnata di Ezequiel Lavezzi, mestamente disteso sul campo di gioco: un’amarezza mai vista negli occhi sempre visti del Pocho.

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Manchester è sempre più City

Antonio Moschella (@ntomc)

La presenza sugli spalti di Diego Armando Maradona, nonché del sempre pittoresco tifosissimo del City Liam Gallagher, lasciava intendere che il derby di Manchester di ieri sera era molto più che una semplice sfida per il vertice della Premier League. Oltre ai canonici tre punti in gioco, infatti, ne andava della leadership morale di una città da sempre rosso fuoco, come lo United.

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Ronaldo o Messi? Pelè o Maradona?

Raffaele R. Riverso (@raffariverso)

Vogliono farci credere che dobbiamo sceglierne per forza uno: meglio il genio di Rosario o lo sterminatore di Funchal? A chi non piace un bel duello? Più forte Coppi o Merckx? Ali o Foreman? Senna o Prost? A differenza di questi campionissimi, però, Messi e Cristiano Ronaldo si sfidano in uno sport di squadra, dove altri dieci campioni sono ‘obbligati’ a giocare per loro. Continua a leggere

Messi e l’ombra eterna di Diego (Parte II)

Antonio Moschella (@ntomc)

Messi, a 24 anni, ha vinto molto di più di quanto Maradona non abbia fatto in tutta la sua carriera. Ma con una sola squadra, una macchina da spettacolo guidata da Pep Guardiola. E con un manipolo di fedeli scudieri, non gente qualunque bensì fuoriclasse come Xavi e Iniesta, tanto per fare qualche nome, a supportarlo. Continua a leggere

Messi e l’ombra eterna di Diego (Parte I)

Antonio Moschella (@ntomc)

“Nemo propheta in patria.” Con questa semplice espressione latina potrebbe riassumersi il rapporto tra Lionel Messi e il suo paese natale, l’Argentina. Una Argentina da sempre alla ricerca ossessiva della reincarnazione dell’unico uomo che, eccezion fatta per il mondiale deciso dalla dittatura nel 1978, portò in alto la bandiera albiceleste nella storia del calcio… Continua a leggere

Argentina. Ieri e mai più

Antonio Moschella (@ntomc)

Il 21 giugno 1978 tutta Rosario stava col fiato sospeso.  Una nazione instabile si giocava qualificazione e dignità. Un’Argentina governata da un manipolo di militari arrivati al potere due anni prima, che provarono a pulire l’immagine di uno stato intero con due sani calci ad un pallone, era chiamata ad una prova d’orgoglio. Orgoglio patriottico… Continua a leggere

Una stagione all’inferno… con Contador

Raffaele R. Riverso (@raffariverso)

Parlare di doping non è mai facile. Non lo è per gli sportivi. Non lo è per i dirigenti. Ma soprattutto non lo è per i tifosi. Perché i tifosi non possono e non vogliono credere che il loro eroe abbia potuto barare. Continua a leggere

La vita è nata in Africa

Francisco Espinosa (@fespinosag)

Era il 23 giugno 1990. Napoli ed il suo mitico stadio San Paolo si erano già deliziati con le genialità di Diego Armando Maradona. Quel pomeriggio afoso, davanti a 50 mila persone, la Colombia affrontava il Camerún negli ottavi di finale della coppa del mondo… Continua a leggere